QUANDO INTRODURRE IL GLUTINE NELL'ALIMENTAZIONE DEI BAMBINI
Molti genitori si domandano, al momento dello svezzamento, se l’introduzione del glutine (una proteina contenuta nel grano, nell’orzo e nella segale) nell’alimentazione del bambino possa favorire l’insorgenza della celiachia (una malattia autoimmune causata da una eccessiva reazione del sistema immunitario al glutine) e quale sia il momento giusto per iniziare a somministrare cibi contenenti glutine al proprio bambino.
Fino a qualche anno fa, si consigliava di non introdurre il glutine all’inizio dello svezzamento, per ridurre il rischio di sviluppare la celiachia e per “prevenire” le sue gravi complicazioni gastroenterologiche.
Lo stato attuale delle conoscenze consiglia invece l’introduzione del glutine fin dall’inizio dello svezzamento (intorno quindi al 5°/6° mese), già con le prime pappe.
La strategia di introdurre il glutine senza ritardi e senza limitazioni di quantità, nasce da evidenze convincenti che nei soggetti destinati ad essere intolleranti al glutine sia preferibile permettere la comparsa precoce dei sintomi (tipicamente diarrea, perdita di peso, rallentamento della crescita e anemia) e quindi il pronto riconoscimento della malattia e il tempestivo inizio della dieta senza glutine, prevenendo così le complicazioni della protratta assunzione di glutine.
La ritardata introduzione del glutine, raccomandata nel recente passato, sembra per contro ritardare la diagnosi e favorire l’aumento delle forme atipiche o silenti o comunque mal riconoscibili. E’ quindi maggiore in questi casi il rischio di sviluppare le complicazioni, anche gravi, dovute alla prolungata assunzione di glutine.
Se sospettate che il vostro bambino sia intollerante al glutine, rivolgetevi al vostro pediatra che valuterà, sulla base dei sintomi e del quadro clinico generale, l’opportunità di eseguire test diagnostici specifici. Attenzione: non eliminate il glutine dall’alimentazione del bambino prima di aver eseguito i test e prima di una diagnosi certa; rischiereste solo di rendere più difficile il riconoscimento della malattia.
Fonte: Il mio amico pediatra