ENDOMETRIOSI E GRAVIDANZA: ESSERE MAMMA SI PUO'
Il dolore, in molti casi, è insopportabile e rappresenta la prima preoccupazione per le donne che soffrono di endometriosi. A seguire, c'è il timore di non poter avere figli. L’endometriosi, in effetti, può interferire in diversi modi sulla fertilità spontanea della donna: danneggiando la qualità degli ovociti, impedendo l'impianto dell'embrione nell'utero, creando delle aderenze tra i tessuti che possono arrivare a ostruire il transito attraverso le tube. Ma questo non vuol dire che la malattia, per quanto frequente (si calcola che siano colpite il 10-15 per cento delle donne in età fertili: all'incirca tre milioni in Italia) e complessa(l'infertilità è un problema che riguarda quasi la metà delle pazienti), rappresenti un ostacolo insormontabile al desiderio di maternità.
LE TANTE FACCE DELL'ENDOMETRIOSI
La malattia si manifesta quando cellule dell'endometrio, il tessuto che riveste l’utero, migrano in altre sedi del corpo. La diagnosi è spesso difficile e lunga. La molteplicità delle sue manifestazioni è uno dei motivi per i quali spesso l’endometriosi viene scoperta solo dopo anni. «Si tratta di una malattia che sta diventando tipica dei Paesi occidentali, dove la natalità è ridotta ed il primo figlio è cercato in età più avanzata - afferma Felice Petraglia, direttore del dipartimento materno-infantile dell'azienda ospedaliero-universitaria Careggi di Firenze -. Un'altra possibile causa è da ricercare nella dieta. Alcuni alimenti, infatti, possono contenere sostanze ad attività ormonale sull’organismo femminile». L’endometriosi non causa soltanto dolore, assenze dal lavoro e compromissione della qualità della vita. La malattia, se non curata adeguatamente, può portare all’infertilità o alla sterilità femminile.
AVERE UN FIGLIO CON L'ENDOMETRIOSI E' POSSIBILE Questo spiega perché, oltre che sul benessere fisico, l'endometriosi può avere anche conseguenze psicologiche e pesare notevolmente sul rapporto di coppia. Una delle prime domande che le ragazze e le donne pongono al proprio ginecologo, una volta ricevuta la diagnosi e prima di definire il piano terapeutico, è se potranno avere figli o meno. «Le probabilità di rimanere incinta sono più basse rispetto a quelle di una donna sana, ma comunque buone: se la diagnosi è precoce, almeno la metà delle pazienti ce la fa in maniera naturale», dichiara Edgardo Somigliana, direttore dell'unità operativa di procreazione medicalmente assistita della Fondazione Ca' Granda-Policlinico di Milano, che ha fatto il punto sulla situazione durante il convegno «We Art Merck» tenuto a Padova. «La malattia non dà sterilità, per cui l'età in cui la paziente che decide di avere un figlio conta più della malattia. Questo, se spiegato alle coppie, porta molte donne con l'endometriosi a cercare la gravidanza prima rispetto ai piani di partenza».
IN GRAVIDANZA CON L'ENDOMETRIOSI Rimanere incinta con l’endometriosi, dunque, è possibile. In alcune donne la gravidanza può attenuare i sintomi della malattia, in altre invece no: in ragione di un aumento di volume dell’utero, che esercita una pressione sulle zone pelviche colpite dall’endometriosi. Come riportato in un articolo pubblicato sulla rivista Human Reproduction Update, non bisogna dunque «pensare alla gestazione come a un’occasione per gestire e trattare l’endometriosi». Anche perché, in questa fase, alle donne viene sconsigliata la terapia ormonale e non è possibile ricorrere alla laparoscopia per rimuovere le lesioni provocate dalla malattia. Per gestire i sintomi, le donne hanno a disposizione soluzioni «soft»: l’assunzione di antidolorifici, lo yoga e lo stretching per il mal di schiena, usare la borsa dell’acqua calda (senza appoggiarla direttamente sulla parte bassa dell’addome) e seguire una dieta ricca di fibre (riduce i sintomi intestinali). L’endometriosi è accompagnata da un rischio più alto (anche se non di molto, rispetto al resto delle gestanti) di complicanze durante la gravidanza e al momento del parto per le donne che soffrono di endometriosi: preeclampsia, placenta previa, nascita prematura e parto cesareo.
Fonte: Fondazione Veronesi