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Lo psicologo Steve Biddulph: «Vi spiego come crescere figlie forti e felici»

Amore, fiducia, un pizzico di avventura e lo sguardo verso il cielo. Sono i consigli del celebre psicologo inglese Steve Biddulph, che in un libro raccoglie i suggerimenti per la più difficile ma anche la più entusiasmante delle imprese: far sì che, da adulte, le bambine si sentano sicure. E non abbiano paura di sbagliare


Prime a scuola, con i fiocchetti rosa tra i capelli, i quaderni in ordine. Sempre puntuali a danza, la gioia di mamma e papà al saggio di fine anno. Sono così le vostre figlie? E siete sicuri che siano felici e non preferiscano fare le capriole nel fango, o giocare a calcio? Che non sentano il peso di tanta perfezione? Crescere da femmina non è facile, neanche oggi. Troppe pressioni, troppa ansia da prestazione, troppo di tutto. Spetta alle madri, e ai padri, mettere un freno, e guidare la propria bambina guardando alla donna che sarà. A loro lo psicologo inglese Steve Biddulph, terapista familiare da 40 anni, ha dedicato il libro Le 10 cose di cui hanno più bisogno le ragazze per crescere libere, equilibrate e forti (TEA): una mappa per orientarsi, quando ci si sente confusi.


Le tappe della crescita

Biddulph segue le tappe della crescita: «Per avere una figlia forte e libera», dice a iO Donna, «i genitori devono impegnarsi fin dalla sua nascita. Nei primi due anni di vita, una bambina deve sentirsi solo amata e protetta. Non pressatela anticipando i tempi dell’apprendimento. State con lei, rallentate i vostri ritmi. Datele spazio». Dai due ai cinque anni, è il momento della prima esplorazione del mondo, delle prove di autonomia: una bambina va lasciata libera di sporcarsi e di annoiarsi. Meglio non farle indossare vestitini vaporosi di colori delicati che lascino passare un messaggio sbagliato, e cioè che lei debba stare seduta, a farsi ammirare. Non è una bella statuina.


La scuola

L’ingresso a scuola poi è un momento delicato, ci si mette alla prova con le prime amicizie. E scatta l’ansia delle mamme: perché mia figlia non è stata invitata alla festa? Perché le altre fanno gruppo e lei no? Saprà essere empatica, accogliente? Quindi vai con gli inviti, le merende, con il conto preciso di chi va a casa di chi, e chi non va a casa di nessuno. Attenzione, perché basta un attimo per passare dal mettersi a disposizione all’essere invadenti. Meglio fare un passo indietro, ascoltare le confidenze delle figlie ma non drammatizzare se litigano con le coetanee: le prime amicizie sono una prova, aiutano a prendere le misure.


Mamma, papà e… zia

Biddulph ammonisce i genitori: «I problemi nascono sia se sono distratti o assenti, sia se sono troppo fissati con le performance, a scuola e nelle relazioni». Gli adulti dovrebbero filtrare le pressioni del mondo esterno, che spingono le ragazze a essere le più belle, le più magre, le più affascinanti. Entrambi hanno un ruolo importante, ma diverso: «La mamma dev’essere la roccia salda, alla quale ancorarsi; il papà, l’elicottero che fa volare». Ma c’è un altro adulto che, soprattutto in adolescenza, dovrebbe entrare nella vita di una ragazza e far da confidente: la zia. In un’età così delicata, facile che i genitori siano tenuti a distanza, e allora chi meglio di una zia – affettuosa ma non impositiva – per mantenere il contatto? Se il lavoro di mamma e papà (e della zia) nel corso degli anni sarà ben fatto, una ragazza si sentirà abbastanza forte di sé, sicura, libera e pronta per affrontare la vita da adulta. «Non si comporterà e non si mostrerà solo per quello che gli altri si aspettano da lei ma per come vorrà davvero. Saprà farsi rispettare e far rispettare il suo corpo, nei primi rapporti di coppia. Un altro passaggio fondamentale». A quel punto dovrà giocarsela da sola. «C’è ancora bisogno del femminismo. Ora spetta alle ragazze portare avanti le battaglie per la parità».


«Non avere paura dell’ambizione»

Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’università Bicocca di Milano e madre di Chiara, 8 anni «Sono cresciuta in una famiglia tradizionale di Foggia, ma i miei genitori mi hanno dato la stessa libertà che aveva mio fratello. Mio padre mi ha supportato, ha voluto che seguissi la mia strada, che inseguissi i miei sogni e mi realizzassi in un equilibrio sostenibile. Lui e mia madre hanno sempre creduto in me. Oggi anch’io voglio che Chiara cresca forte e libera, che realizzi i propri talenti. Voglio che sia equilibrata, felice e ambiziosa. Sì, ambiziosa: una parola che a noi donne fa ancora paura, e invece dovremmo utilizzare più spesso. Sono rettrice all’università Bicocca da ottobre, e l’ho portata già più volte a vedere il mio posto di lavoro. Ora sa che se sono andata in ufficio anche durante il lockdown è stato perché ho la responsabilità di una comunità di 40mila persone. Credo importante che Chiara capisca il senso di quel che faccio. In quanto ai canoni estetici, le bambine sono sottoposte a una pressione pazzesca, è difficile che non ne subiscano il condizionamento. Sto cercando di trasmetterle l’idea che non dobbiamo uniformarci, che ognuno è se stesso e basta. Certi programmi tv con bamboline dagli occhi sgranati non glieli faccio neanche vedere. Ma soprattutto cerco di parlarle, di passarle il messaggio. Se si trattano le figlie come piccole donne intelligenti, c’è un ritorno. Chiara è bellissima ma è piccolina, qualche volta i compagni la prendono in giro. Lei però qualche giorno fa li ha stesi: “Io sono dell’altezza giusta per me”, ha risposto. Bravissima!».

«Noi donne dobbiamo essere orgogliose»

Alessandra Formentin, avvocata e mediatrice familiare, mamma di Isabella, 20 anni, Camilla, 17, Elena, 12 e Giovanni, 8 «Alle mie figlie dico sempre che ciascuna di loro è unica e irripetibile, e deve imparare a tirarsi fuori dalle difficoltà con le proprie risorse, che sono diverse da quelle delle sorelle. Io le seguo, perché ci sono sempre, ma dalle retrovie: le aiuto a essere se stesse, ma non controllo i telefonini e non le geolocalizzo, perché non sarebbe rispettoso e il rispetto bisogna insegnarlo in famiglia. Ripeto sempre che devono sentirsi orgogliose di essere donne, che possono arrivare ovunque, purché non si lascino condizionare. Magari dovranno combattere per affermare il loro talento, ma ce la faranno. Anche perché noi abbiamo delle armi in più rispetto agli uomini; siamo più brave a lavorare in team, abbiamo migliori capacità relazionali, uno sguardo più ampio, non ci accontentiamo della prima impressione. Quando vedo Giovanni, e lo metto a confronto con le sorelle, penso: non c’è lotta. Per crescere delle ragazze forti però è indispensabile anche il padre, che deve avere un ruolo distinto da quello della madre. Spesso i padri si defilano quando le figlie diventano adolescenti; prima erano le principessine di papà, da un giorno all’altro tolgono il saluto. Invece è lì che non bisogna mollare, e dipende anche da noi madri che gli uomini ci siano. In quanto ai condizionamenti esterni sui modelli estetici, non bisogna cedere: mai smettere di ripetere alle ragazze che quando escono devono sentirsi fiere per come sono».


«Contare su di sé, non su un uomo»

Paola Manfroni, direttrice creativa e imprenditrice, madre di Benedetta, 23 anni, e Costanza, 20 «Amore e sicurezza: è questo che serve ai figli appena nascono, e vale sia per i maschi, sia per le femmine. È importante che le bambine imparino a prendersi dei rischi, che sappiano di poter fallire. I maschi fin da piccoli vengono messi soli in un campo di calcio davanti a una porta, a tirare un calcio di rigore. Sanno che potrà andare male. Alle bambine invece si chiede di non sbagliare mai, e non le si mette neanche nella condizione di farlo. Quando saranno grandi ed entreranno nel mondo del lavoro, tenderanno a evitare le posizioni più esposte, e a cercarne una confortevole. Alle mie figlie ho insegnato a contare su se stesse, perché solo se hai fiducia nelle tue forze e hai gli strumenti potrai cavartela in un mondo complicato. L’errore peggiore sarebbe dipendere da qualcuno, da un uomo. Nel dubbio, ho spiegato, avete ragione voi, e nessun altro. Ho sempre creduto in loro, le ho lasciate libere quando volevano vestirsi di rosa e paillettes, di avere i loro interessi anche se non corrispondevano ai miei. L’esempio in famiglia è fondamentale: se vengono trattate con rispetto, non permetteranno a nessuno di superare il limite. Oggi non si sentono femministe e sicuramente sono più pacificate di come fossi io alla loro età, le vedo più affettuose con i loro ragazzi. Ma quello che sono è anche il frutto della rabbia di chi le ha precedute. Se riusciranno a riappropriarsi del loro lato femminile senza farsi mettere i piedi in testa, avranno fatto bingo.


Questo è il mio personale decalogo. Le ragazze hanno bisogno di: 1. Essere incoraggiate a prendere rischi. 2. Essere obbligate a studiare e lavorare per provvedere al proprio sostentamento economico ed emotivo. 3. Essere libere di coltivare interessi e vizi non autodistruttivi. 4. Rispetto quando esprimono e fanno valere la propria opinione. 5. Ammirazione quando si siedono dalla parte del torto. 6. Imparare a negoziare in proprio favore. 7. Fidarsi delle proprie intuizioni. 8. Non aspettare il principe azzurro, perché lui è nei guai quanto loro. 9. Allenare un grande senso dell’umorismo. 10. Conoscere bene le trappole del patriarcato e saperle disinnescare».

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